Oratorio di Santa Cecilia, Affresco Interno

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L'arte rinascimentale a Bologna

Aggiornato il 21 novembre 2022 Da Bologna Welcome

Ci accompagna in questa promenade....

Mirella Cavalli, attuale curatrice delle collezioni della Pinacoteca Nazionale di Bologna. Nella fila del Ministero della Cultura dal 1997, ha precedentemente lavorato in Soprintendenza occupandosi in particolare di tutela del patrimonio.

Bologna e il Rinascimento. Quali sono gli artisti e le opere da non perdere?

Partiamo dalla Basilica di San Domenico al cui interno, nella sesta cappella a destra, emerge la sontuosa Arca di San Domenico, monumento che racchiude il sarcofago con le spoglie del santo di Guzmàn. Tre secoli di storia e sculture di quattro grandi artisti, Nicola Pisano, Niccolò Dell'Arca, Michelangelo Buonarroti e Alfonso Lombardi, che convivono con straordinaria armonia. A Michelangelo si devono l'angelo reggi candelabro a destra e i Santi Procolo e Petronio della cimasa.

Arca di San Domenico, Pisano, Dell'Arca, Michelangelo, Lombardi ©MiC -Direzione Regionale Musei Emilia-Romagna

La notorietà acquisita per l'esecuzione del sepolcro di San Domenico procurò a Niccolò d'Apulia, oramai noto come Niccolò dell'Arca, la commissione per la sua opera più celebre, il Compianto sul Cristo morto, gruppo di sette sculture in terracotta collocate nella cappella in fondo alla navata destra della Chiesa di Santa Maria della Vita. Queste rappresentazioni sacre, molto diffuse in epoca rinascimentale, prevedevano il coinvolgimento emotivo dei fedeli attraverso lo strazio dei personaggi che assistono alla morte di Gesù. Gabriele d’Annunzio definì il complesso scultoreo “urlo di pietra”, efficace e straordinaria sintesi di questo incredibile capolavoro.


Compianto sul Cristo morto, Niccolò dell'Arca, Chiesa di Santa Maria della Vita, foto di Paolo Righi 

Accanto alla chiesa è l'Oratorio di Santa Maria della Vita, al cui interno è custodito un altro gruppo scultoreo in terracotta di grande interesse: i Funerali della Vergine ad opera di Alfonso Lombardi che la eseguì tra il 1519 e il 1522. Poste scenograficamente entro una nicchia rialzata, le quindici sculture raffigurano un episodio narrato nei Vangeli Apocrifi e nella Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine: durante i funerali della Vergine, un sacerdote ebreo tenta di capovolgere il feretro ma viene fermato da un angelo apparso in cielo che lo punisce con l'amputazione delle mani.



Alfonso Lombardi, Funerali della Vergine ©MiC -Direzione Regionale Musei Emilia- Romagna


Anche la Basilica di San Petronio conserva opere rinascimentali: dai tre portali che ci accolgono sul sagrato, alla lunga serie di sculture all’interno e di dipinti. Tra questi ultimi ci soffermiamo su una delle opere pittoriche più singolari della città come la Pietà con i Santi MarcoAmbrogioGiovanni Evangelista e Antonio Abate, eseguita nel 1519 da Amico Aspertini per la cappella Garganelli, la terza a destra rispetto all'altare. Immersi in una luce tenebrosa, sotto un cielo cosparso di nubi trapassato dalla luce divina, i santi partecipano al dolore della Vergine, raffigurata col corpo irrigidito del Figlio morto sulle ginocchia, in rispondenza a un'iconografia propria dell’arte tedesca.



Amico Aspertini, Pietà con i Santi, Basilica di San Petronio ©MiC -Direzione Regionale Musei Emilia-Romagna


In fondo alla navata destra della Basilica di San Giacomo Maggiore si trova la Cappella Bentivoglio, luogo celebrativo per eccellenza della famiglia che detenne il governo della città negli anni d'oro del primo Rinascimento. La decorazione fu compiuta, nel 1488, soprattutto da Lorenzo Costa, mentre la pala d'altare fu eseguita da Francesco Francia. Entrambi furono artisti della corte di Giovanni II Bentivoglio che scelse di farsi ritrarre assieme alla sua numerosa famiglia nel grande dipinto che vediamo sulla parete destra.



Lorenzo Costa, Ritratto della famiglia Giovanni II Bentivoglio ©MiC -Direzione Regionale Musei Emilia-Romagna


Dal portico della Basilica di San Giacomo Maggiore si accede all’Oratorio di Santa Cecilia, sosta di particolare incanto per il ciclo di affreschi dei Santi Cecilia e Valeriano che corre lungo le pareti laterali, la decorazione murale meglio conservata e qualitativamente più interessante del Rinascimento bolognese. Eseguito dagli artisti Lorenzo CostaFrancesco Francia e Amico Aspertini tra il 1505 e il 1506, il ciclo si configura come l'ultima grande commessa decorativa di Giovanni II Bentivoglio, alla vigilia della cacciata dalla città ad opera di papa Giulio II (1507), episodio che segna l'inizio del secondo Rinascimento bolognese.



Francesco Francia, Sposalizio di Cecilia e Valeriano ©MiC -Direzione Regionale Musei Emilia-Romagna


Percorrendo via Zamboni si arriva alla Pinacoteca Nazionale dove si ammira, tra le tante opere in collezione, l’Adorazione Bentivoglio dell'artista Francesco Francia; questo insolito Presepe a cui partecipano, assieme alla Sacra Famiglia e ai santi Agostino e Francesco, due figli di Giovanni II Bentivoglio, governatore della città: Anton Galeazzo e Alessandro. La nitida luminosità, i colori brillanti e preziosi dei panneggi, la raffinata esecuzione di ogni dettaglio sono le note fondamentali di questo affascinante pittore.


Pala Bentivoglio, Francesco Francia ©MiC - Pinacoteca Nazionale di Bologna


Nell’evoluzione del Rinascimento bolognese un significativo ruolo fu svolto dall'arrivo in città di opere di importanti artisti “forestieri”, tra cui Pala Scarani, dipinto commissionato a Perugino da Giuseppe Scarani per la cappella di famiglia nella Chiesa di San Giovanni in Monte e conservata tra le collezioni della Pinacoteca Nazionale. Eseguita a Firenze con l'aiuto di collaboratori, il suo arrivo a Bologna attorno al 1500 determinò tra gli artisti locali un accentuarsi delle affinità con i modi del pittore umbro, della sua dolcezza assorta, nelle teste di santi stagliate sul cielo azzurro.



Perugino, Madonna col Bambino ©MiC - Pinacoteca Nazionale di Bologna


Prima di andare via dalla Pinacoteca Nazionale non perdere l'eccellenza stilistica del capolavoro Estasi di Santa Cecilia, ad opera di Raffaello, che esercitò un enorme potere evocativo sugli artisti bolognesi, tanto da costituire il perno entro cui si muoverà l'evoluzione della pittura locale fino al Seicento. Eseguito per la Cappella Duglioli della Chiesa di San Giovanni in Monte, Raffaello vi raffigura il momento in cui Cecilia lascia scivolare le canne dell’organo portativo che ha tra le mani, simbolo delle gioie terrene, e volge lo sguardo al coro degli angeli, emblema dell’amore divino.



Raffaello, Estasi di Santa Cecilia ©MiC - Pinacoteca Nazionale di Bologna


E fuori dal centro?

Le gite sui celebri colli bolognesi offrono un'esperienza particolarmente gradevole, per le bellezze paesaggistiche e per gli scorci sulla città che via via si aprono. La terrazza posta sul colle della Chiesa di San Michele in Bosco regala un panorama mozzafiato!


A piedi o con un mezzo, la salita si rivela utile anche per scoprire, all'interno della Sacrestia nuova (Coro notturno), un tassello dell'ampia devozione che gli artisti attivi a Bologna intorno agli anni '20 del Cinquecento riservarono a Raffaello. La monumentalità delle figure, le scelte compositive del grande urbinate rivivono negli affreschi di Innocenzo da Imola che ornano la parete absidale e le lunette soprastanti. La disposizione degli apostoli nel Transito della Vergine affrescato sulla parete absidale, in particolare, richiama la Scuola di Atene di Raffaello, mentre la Trasfigurazione della Pinacoteca Vaticana, tra le ultime opere eseguite dall’Urbinate, rivive nell’analogo soggetto che orna la parete opposta all'abside, attribuito a Girolamo da Carpi in collaborazione con Biagio Pupini.



Affreschi della Sagrestia Nuova, Innocenzo da Imola ©MiC -Direzione Regionale Musei Emilia-Romagna

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