Bologna Magica: leggende, streghe e tarocchi sotto i portici
Aggiornato il 09 dicembre 2025 Da Davide Sarti
Bologna custodisce un patrimonio di storie antiche e
suggestive che ancora oggi si intrecciano ai suoi luoghi: tra i portici, i
vicoli e i palazzi prendono vita racconti di diavoli, streghe, alchimisti e pratiche
occulte.
Al centro di Bologna svetta la Torre degli Asinelli, alta 97 metri, con i suoi 498 scalini. Secondo una diffusa tradizione popolare, la torre non sarebbe frutto dell’ingegno umano: si narra infatti che sia stata costruita in una sola notte dal diavolo in persona. Una versione affascinante che tenta di spiegare la sua imponenza e la rapidità con cui, secondo il racconto, sarebbe stata innalzata. Nell’immaginario bolognese, il diavolo avrebbe così lasciato un’impronta tangibile sulla città, firmando con un gesto soprannaturale una delle sue strutture più iconiche.
Ed è proprio dalla Torre degli Asinelli e da Piazza Maggiore – il cuore pulsante di Bologna – che si diramano le vie che conducono alle antiche porte della città, ognuna associata, secondo una affascinante teoria… a uno dei dodici segni zodiacali. Secondo questa tesi, Bologna è stata concepita come una mappa astrologica urbana, uno “zodiaco vivente” in cui architettura, orientamento e simbologia si intrecciano: le porte della città non erano solo punti di accesso ma veri e propri nodi energetici, ognuno risuonante con le qualità del proprio segno zodiacale.
Ma a quale segno zodiacale è associata ciascuna porta?

Camminando per le vie di Bologna, è possibile imbattersi in storie di donne e uomini che dedicarono la loro vita alle arti dell’occulto.
Tra queste figure spicca Gentile Budrioli, vissuta nel XV secolo e ricordata come la “strega enormissima” di Bologna. Astrologa, guaritrice ed esperta di erbe, era molto apprezzata per le sue capacità magiche e abitava con il marito nel Torresotto di Porta Nuova, di fronte alla Basilica di San Francesco. Il suo sapere la rese una figura influente alla corte dei Bentivoglio, dove divenne una delle consigliere più ascoltate. Proprio la combinazione tra conoscenze ritenute “occulte” e potere politico le attirò sospetti e ostilità: nel 1498 fu processata per stregoneria dall’Inquisizione, che a Bologna aveva sede nella Basilica di San Domenico.
Tra le storie più sorprendenti della Bologna magica c’è quella di Vincenzo Casciarolo, un umile ciabattino del Seicento che passava le notti a fare esperimenti di alchimia. Un giorno, sui calanchi del Monte Paderno, trovò una pietra particolare. Lavorandola nel carbone, scoprì che — dopo la calcinazione — era capace di assorbire la luce del sole e brillare al buio. Casciarolo la battezzò “Spongia Lucis”, la spugna di luce, convinto che si trattasse di una pietra magica che beveva i raggi solari per poi restituirli lentamente.
Nella tradizione popolare bolognese compaiono, infine, le Burde, misteriose streghe d’acqua legate a paludi e canali. Definite da Gabriele D’Annunzio come un “vento di dolore” e una “sciagura selvaggia”, le Burde vengono descritte talvolta come donne bellissime, talvolta come anziane che attirano i viandanti in capanne pericolanti. Si dice che controllassero venti e tempeste, decidendo la sorte dei marinai e dei viaggiatori.

Tra le più inquietanti e affascinanti tracce del passato esoterico di Bologna ci sono le figure «diaboliche» scolpite sulle facciate di alcuni palazzi.
Sotto il Portico dei Bastardini in via D'Azeglio, si trova una statua in ferro battuto nota come la Diavolessa bolognese, un gargoyle dalle sembianze inquietanti, con volto canino e corpo femminile. Si racconta che fu collocata lì per dissuadere i genitori dall’abbandonare i neonati nella ruota degli esposti.
Passeggiando in via Santo Stefano, invece, basta alzare lo sguardo sulla facciata di Palazzo Bolognini Amorini Salina per scoprire, tra decine di volti scolpiti, un ospite decisamente fuori dal coro: un volto grottesco, cornuto e con un ghigno beffardo. Molti lo chiamano “il demonio di Bologna”. Nel Rinascimento, queste figure non erano solo decorazioni: i volti grotteschi avevano una funzione apotropaica, cioè servivano a tenere lontani gli spiriti maligni. Paradossalmente, un “demone” scolpito diventava così un talismano, una presenza che scacciava altre entità più oscure.

Sai che Bologna ha una sua versione dei Tarocchi? È il Tarocchino bolognese, un mazzo di carte unico nel suo genere, conosciuto anche come “I Trionfi”. Nella tradizione popolare non è solo un gioco da tavolo: le sue carte possono essere usate come strumento divinatorio, per interrogare passato, presente e futuro. Un sapere che, secondo il racconto tradizionale, viene tramandato solo nella “notte dei saperi”, il 24 dicembre, quando il significato delle carte viene passato da una generazione alla successiva. C’è persino chi utilizza le carte del Tarocchino come spunto di introspezione, attraverso il cosiddetto “Gioco dello Specchio”, un momento di meditazione per osservare se stessi con uno sguardo nuovo.
Oggi il Tarocchino è riconosciuto come prodotto De.Co., Denominazione Comunale, un titolo con cui il Comune di Bologna tutela e valorizza le eccellenze legate alla storia e all’identità locale: un sigillo civico che protegge questa tradizione secolare e la consacra come parte viva del patrimonio culturale della città.
