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Personaggi illustri del territorio bolognese: gli innovatori

Aggiornato il 20 gennaio 2022 Da eXtraBO Outdoor Infopoint

Lo sapevi che il nostro Territorio ha dato i natali ad alcuni tra i più importanti nonchè intriganti innovatori vissuti nel passato? Scopri con noi le loro storie!


Quirico Filopanti

Giuseppe Barilli, definito da Carducci "l’uomo che rimane tra i più popolari e leggendari dei grandi anni 1848 e 1849” e da Garibaldi "il professore dell'infinito" è da tutti conosciuto con il suo pseudonimo di Quirico Filopanti, nasce a Budrio nel 1812 da una famiglia di umili origini. Conseguita la laurea grazie al sostegno della comunità budriese, si distingue per le sue capacità fisico-matematiche. Ottenuta la cattedra di idraulica e meccanica all'Università di Bologna, se ne allontana quasi subito per partecipare ai moti del '48 e alla Repubblica Romana, trascinando con sé molti dei suoi allievi. Dopo il successivo esilio rientra a Bologna e, nel 1866, abbandona nuovamente l'insegnamento per partecipare alle battaglie per l'Unificazione. Per lunghi anni Filopanti si rivolge alla classe operaia, al fine di operare per il formarsi di una coscienza civile e politica. E' l'inventore di un tempo unico universale e di un’ora ufficiale valida per l’intero globo: nel 1858, nel libro Miranda!, propone di usare un meridiano zero come riferimento e di dividere la Terra in ventiquattro fusi orari. Il mondo fu lento a capire il valore della sua proposta. L’International Meridian Conference nel 1884 fece conoscere lo Standard time, i fusi americani, a tutto il mondo. L’ora americana si diffuse rapidamente alle altre nazioni, ma solo pochi ricordarono chi l’aveva proposta per primo. In Italia il sistema dei fusi orari viene adottato il 10 agosto 1893. Filopanti muore all'Ospedale Maggiore di Bologna nel 1894. Nella piazza di Budrio si trova oggi il grande monumento in bronzo a lui dedicato.



Le cronache riportano un curioso fatto avvenuto all'interno della Certosa di Bologna, raccontano A. Testoni e O. Trebbi in “Aneddoti bolognesi”: "Mentre seguiva i suoistudi sui fuochi fatui, che dovevano meritargli la nomina a membro dell'Accademia delle Scienze di Bologna, Quirico Filopanti usava andare, durante le notti d'estate, al Cimitero della Certosa con un canapo in cima al quale aveva fermato un batuffolo di stoppa per esperimentare se le intermittenti fiammelle appiccassero fuoco. Una notte, mentre egli aggiravasi attento per i claustri deserti, il dimostratore del cimitero, Marcellino Sibaud, curioso tipo di glottologo, ed archeologo sui generis, volle fargli una burla, ed accesa una piccola lanterna cominciò a muoversi in diverse direzioni. Appena scorse la fiammella vagante, il buon Filopanti si diede ad inseguirla, ma il Sibaud correndo anch'egli per lo stesso verso gl'impedì sempre di avvicinarla e perciò quella strana corsa, fra le tombe bianche e silenziose, durò per qualche tempo, finché il Sibaud stanco del gioco si diresse ad un tratto verso l'ingenuo scienziato, ed alzata la lanterna all'altezza del suo viso, lo salutò con una sonora risata."


Luca Ghini

Nato sulle colline di Casalfiumanese, nell'Appennino imolese, si laurea in filosofia e medicina nel 1527 all'Università di Bologna. Dopo la laurea rimane nell’Ateneo bolognese dove esercita la professione medica ma soprattutto si dedica all’insegnamento della medicina e delle piante medicinali. Nel 1543 viene assunto come medico personale dal Granduca Cosimo I de’ Medici.

Nel 1543, su invito del Granduca Cosimo I de' Medici che lo assume anche come medico personale, si trasferisce all'Università di Pisa dove ottiene la cattedra di Botanica. La cattedra di botanica a quell’epoca era detta Cattedra dei Semplici, sin dalla sua istituzione, nel 1539: secondo la terminologia medievale si dicevano «semplici», o meglio «principi semplici», i farmaci tratti direttamente dalle piante. Durante la sua permanenza, fonda all’università di Pisa l'«Orto dei semplici», il primo orto botanico universitario del mondo a cui seguono, sempre fondati da Ghini, l’orto botanico di Firenze e di Padova, i primi utilizzati come sussidio didattico e per la ricerca.

Oltre all’ideazione dell’orto botanico universitario, Luca Ghini fu tra i primi botanici a utilizzare l’essicazione delle piante come metodo di conservazione e catalogazione. Semplicemente sottoponendo piante e fiori a forte pressione fra fogli di carta, vengono così conservate e utilizzate negli erbari al posto delle più antiche illustrazioni, dando così la possibilità a studiosi di tutto il mondo di vedere dal vivo ogni tipo di specie.

Il metodo dell’osservazione diretta fu infatti tra i principi portanti di Luca Ghini, che seguì per tutta la vita per studiare le piante e introdurre innovazioni come queste nel campo della botanica, per trasformare sempre di più questa materia che, all’epoca, rimaneva ancorata alla lettura dei testi antichi e delle illustrazioni. Nel 1555 torna a Bologna, come lettore di medicina ordinaria all'università, dove muore nel 1556.

Tutte le opere di Ghini, gli erbari e i disegni sono andati perduti, ci rimane solo quanto riportato da alcuni suoi allievi come il Maranta, l'Anguillara, Andrea Cesalpino, ma soprattutto Ulisse Aldrovandi (1519-1605), fondatore dell'Orto botanico di Bologna, che ci ha lasciato gli appunti delle lezioni del Ghini.

Da Casalfiumanese parte oggi un sentiero escursionistico denominato “sentiero Luca Ghini”, che collega l’abitato di Casalfiumanese con la località Croara, dove nacque appunto il celebre botanico. Il sentiero è adatto a tutti e offre una bella panoramica di questo territorio caratterizzato dai calanchi.



Rodolfo Farneti

Rodolfo Farneti fu un importante botanico, nato il 17 febbraio 1859 a Chiesina, una piccolissima frazione del comune di Lizzano in Belvedere. “Botanico” non è forse la definizione più adatta per Rodolfo Farneti, che in realtà si interessò agli studi naturalistici in generale, dalla geologia ai fenomeni idro-geologici, dai fossili ai fenomeni tellurici e naturalmente alla fauna e la flora. I suoi molteplici interessi si tradussero in un percorso di studi abbastanza irregolare e certamente non canonico. Farneti riuscì comunque a crearsi un bagaglio di conoscenze talmente vasto e specializzato da essere chiamato all’Università di Pavia nel 1886, con l’incarico di conservatore delle collezioni dell’Istituto Botanico. E’ proprio qui che approfondisce ulteriormente gli studi legati alle piante, catalogando nuove specie di muschi (almeno trecento specie) e torbe, brillando in particolare nell’ambito della patologia vegetale. Vengono ricordate in particolare le sue conclusioni legate all’avvizzimento dei germogli del gelso, al “brusone” del riso e alla “Malattia dell’Inchiostro” del castagno; tutte scoperte importantissime in quanto legate alla salvaguardia di piante fondamentali per l’economia locale (riso e gelso per la zona lombarda, castagno per gli Appennini).

Durante il lungo periodo trascorso a Pavia Rodolfo Farneti si concesse comunque alcune “pause”: per alcune parti dell’anno tornava infatti a Budiara (località vicina a Vidiciatico, sempre nel comune di Lizzano in Belvedere). Qui risiedeva in una grande casa (oggi restaurata) compiendo, a detta dei paesani, “esperimenti singolari”: si dedicava infatti allo studio di piante particolari e non autoctone, piantate da lui stesso.

L’importante lascito di questo studioso è testimoniato anche dalla targa a lui dedicata che si trova all’entrata dell’Istituto Botanico di Pavia, oltre che da ben due vie “Rodolfo Farneti”, una a Milano e una a Vidiciatico, dove egli finì i suoi giorni nel 1919, dopo aver fatto ritorno nelle terre che più amava e a cui aveva dedicato negli anni tanta attenzione.

Vi lasciamo con un aneddoto che può forse far comprendere appieno la natura eclettica del Farneti. La zona del Belvedere è caratterizzata soprattutto da montagne, più o meno alte è vero, ma sicuramente non tali da poter ospitare una ferrovia. Risale però al 1916 un progetto ritrovato nell'archivio comunale di Lizzano che riguarda una “ferrovia economica (decauville) e susseguente funicolare che l’illustrissimo prof. Rodolfo Farneti vorrebbe costruire [...]”! Questo progetto sarebbe servito per utilizzare razionalmente la grande ricchezza di legname dei boschi, che grazie al sistema di trasporto veloce poteva essere tagliato e subito spostato verso la sua destinazione finale. Un’idea sicuramente ambiziosa e certamente particolare, ben sostenuta da un’analisi approfondita, che però purtroppo non ha trovato alcuna realizzazione, probabilmente a causa delle difficoltà legate al Secondo conflitto mondiale.

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