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Gaudi, il suono 'bolognese' che conquista il mondo

Aggiornato il 23 novembre 2020 Da Pierfrancesco Pacoda

Il suo studio di registrazione londinese è una sorta di ‘paradiso’ reggae, dove gli echi e i riverberi, i ritmi iterativi che sembrano fluttuare nello spazio, diventano canzoni che conquistano le classifiche internazionali e ottengono grandi riconoscimenti.

Lele Gaudi è un musicista e produttore bolognese, protagonista della tumultuosa scena creativa cittadina degli anni '90, che da qualche tempo vive e lavora a Londra, dove il suo nome è diventato un ‘marchio di fabbrica’ per chiunque sia alla ricerca di un suono che mescoli suggestioni giamaicane e la moderna tecnologia digitale. Talmente innovativo che a lui si sono rivolti gli Steel Pulse, la band più famosa del cosiddetto ‘british reggae’, per la produzione del loro album Mass Manipulation. Il disco è stato nominato ai Grammy Award, caso unico per un italiano in una categoria – quella del reggae, appunto – dove il dominio delle star giamaicane è assoluto.


“Ho imparato tutto a Bologna", dice, "la scuola è stata quella dell’ondata che gravitava intorno al primo hip hop, quel mondo dal quale è uscito, per fare un nome, un artista come Neffa. Qui, nelle notti nei club della mia città, ho iniziato a dosare la ricerca, la sperimentazione, con la maniera di conquistare le orecchie di un pubblico molto ampio. Ero completamente immerso nelle serate a base di punk e new wave, frequentavo le cantine dove nascevano i gruppi del neo-rock bolognese, facevo girare le mie cassettine, fui convocato dalla Polygram, registrai un disco nel 1991, mi ritrovai nei programmi TV della mattina. Ma volevo fare altro. Così sono partito per Londra e qui è iniziata la mia avventura che mi ha portato sino alla nomination per il Grammy”.

Una capacità che lo ha fatto diventare uno de produttori più richiesti, spaziando dal pop dei Simple Minds alle sonorità techno ambient degli Orb all’elettronica soffice dei Lamb.




Torna in Italia invitato come Vocal Coach in due edizioni di X Factor (e, in entrambi i casi, il suo team è quelle vincitore), ma anche per produrre nomi come Elisa. Sino alla partecipazione a una serie di live omaggio a una delle più importanti band del rock: “Due anni fa mi cerca Scott Page, sassofonista che suona con i Pink Floyd. Vuole mettere in scena uno performance di musica e luci basata sulla reinterpretazione, in chiave dub, dei capolavori della band inglese e mi chiede di suonare dal vivo nel gruppo del quale, oltre a me, fanno parte nomi come Stephen Perkins dei Jane’s Addiction e il virtuoso indiano del violino Shankar. Tre show tutto esaurito appena annunciati, in un enorme planetarium di Los Angeles.”

Irene Grandi, Caparezza, Ornella Vanoni, sono sempre più gli artisti che vogliono Gaudi al loro fianco in studio. Ha suonato a Goa, in India, sotto le piramidi di Giza, ha realizzato sei rappresentazioni commissionate dal celebre festival Burning Man, nel Black Rock Desert nel Nevada. Un esempio di cosmopolitismo elettronico che affonda le sue nel vasto sentire culturale di Bologna, Città creativa della Musica UNESCO.

Pierfrancesco Pacoda

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